
1) - Nominami gli uomini e le donne e i bambini che cercheranno me: il loro narratore,
cantore e corifeo. Perché essi hanno bisogno di me più di ogni altra cosa al mondo:
siamo tutti sulla stessa barca.
2) - Ero solo io così poco seria. È il tempo cosi poco serio. Non sono mai stata solitaria,
né da sola, né con qualcun altro; ma mi sarebbe piaciuto in fondo essere solitaria.
Solitudine significa: "Finalmente sono tutto". Adesso posso dirlo, perché oggi finalmente
sono davvero sola. Bisognerà finirla prima o poi con il caso. Non so se ci sia un fine,
ma so che ci deve essere una decisione, è necessario che tu ti decida. Deciditi!
Ora il tempo siamo noi. Non solo la città intera, adesso è il mondo intero che prende
parte alla nostra decisione. Ora noi due siamo più che due solamente, noi incarniamo qualcosa.
Ed eccoci sulla piazza del popolo, siamo qui tutti e due e l'intera piazza è piena di gente che si
augura la stessa cosa che ci auguriamo noi. Decidiamo noi il gioco per tutti
3) - I miei eroi non sono più guerrieri e re, ma i fatti di pace. Uno vale l'altro.
Le cipolle, messe a essiccare, buone come il tronco d'albero che porta attraverso la palude.
Ma ancora nessuno è riuscito a cantare un epos di pace. Cosa c'è nella pace che alla lunga
non entusiasma e che non si presta al racconto? Devo darmi per vinto, ora? Se mi dò per vinto,
allora l'umanità perderà il suo cantore: e quando l'umanità avrà perso il suo cantore,
avrà perso anche l'infanzia.
(Il cielo sopra Berlino)
SIAMO TUTTI SULLA STESSA BARCA
|